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In "Capitalismo, socialità, partecipazione"-, scritto nel 1976, Fanfani proseguì la sua indagine sulle manchevolezze e sui limiti del sistema capitalistico avviata nel 1934 con "Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo". A trent'anni da questa opera destinata a diventare un classico del pensiero economico, confermò il suo giudizio critico: il capitalismo era insostituibile nella produzione della ricchezza ma incapace di distribuirla equamente. Di qui la necessità di riformarlo sottoponendolo al "controllo" di una vasta partecipazione democratica, a suo avviso strumento indispensabile per correggere un sistema economico poco attento alle esigenze di una maggiore giustizia sociale. "Il volume - scrisse Fanfani nella prefazione alla prima edizione italiana - si inserisce nel discorso tuttora aperto attorno ai modi migliori per adottare sistemi che eliminino i danni prodotti dal capitalismo. Ma facciamo ciò, come i più avveduti sperano, senza provocare i danni che potrebbero derivare dal ripudio indiscriminato di validi ideali etici e politici e di istituzioni sociali e strumenti tecnici scoperti o aggiornati dall'umanità anche nell'età del capitalismo". Rilette nei giorni in cui è in atto una delle più gravi crisi della finanza e dell'economia mondiali, provocata dall'instabilità dei mercati e dalla mancanza di efficaci regole condivise, queste riflessioni di Fanfani appaiono di scottante attualità.